L’insufficienza venosa cronica degli arti inferiori, condizione responsabile delle cosiddette “vene varicose”, è una delle patologie più frequenti della nostra popolazione, coinvolgendo fino al 56% degli uomini ed il 60% delle donne (Epidemiology of chronic venous disease. Phlebology. 2008;23(3):103-11).
Fino al 2% della popolazione giunge agli stadi più severi della patologia, soffrendo così di ulcerazioni cutanee croniche associate all’ipertensione venosa (Ma H. The real cost of treating venous ulcers in a contemporary vascular practice. J Vasc Surg Venous Lymphat Disord. 2014 Oct;2(4):355-61).
Per la descrizione clinica e diagnostica, per la spiegazione circa la vena safena, nonché per i trattamenti estetici si clicchi sulla parola interessata per essere collegati all’associata pagina web.
In questa sezione si tratterà della differenza tra la tecnica e la strategia nella terapia delle varici.
In un’era in cui si assiste alla continua evoluzione tecnologica infatti molte sono le possibili offerte mini-invasive di trattamento.
In particolare, oltre alla tradizionale chirurgia finalizzata all’asportazione di tutta la vena safena e dei rami venosi ad essa collegati (intervento di “stripping”), è oggi possibile trattare la gamba affetta mediante procedure endovascolari sotto guida ecografica.
Queste consistono nell’introduzione di uno strumento (una fibra, un catetere o un ago) all’interno del vaso malato, procedendo poi all’eliminazione dello stesso vaso mediante erogazione di energia termica e/o di sostanze occlusive. In particolare, tra le tecniche termiche si riconosce il Laser, la Radiofrequenza, le Micro-onde ed il Vapore.
Tutti questi approcci richiedono l’infiltrazione di un anestetico attorno alla vena trattata in quanto le alte temperature potrebbero creare dolore durante il trattamento.
Tra le tecniche di asportazione non termica si annovera oggi la chiusura della vena con Colla. In questo caso non è necessario usare anestesia attorno alla vena trattata in quanto non vi è alcuna erogazione di energia termica. Tutta la vena tratta viene incollata non permettendo così al sangue di passare al suo interno.
Un’altra possibilità terapeutica asportative nota come Ablazione Mecano-chimica (MOCA) consiste nell’entrare con un catetere uncinato all’interno del vaso. Tali uncini creano un micro-trauma della parete interna della vena. Tale trauma è finalizzato a fare penetrare meglio una sostanza sclerosante contemporaneamente iniettata e destinata ad eliminare la vena.
Infine, la stessa sostanza sclerosante può essere utilizzata direttamente in forma liquida o “schiuma” al fine di eliminare il vaso senza precedente scarificazione della sua parete interna.
La forma in “schiuma” presenta una maggior potenza rispetto all’analogo liquido grazie alla possibilità della schiuma stessa di spostare fisicamente il sangue agendo così senza diluizione direttamente sulla parete venosa. Di più ancora, essa è visualizzata dall’ecografo e dunque permette una più precisa localizzazione dell’area bersaglio del trattamento.
MA TUTTE QUESTE, più o meno moderne, TECNICHE sono per l’appunto tecniche basate sulla STESSA STRATEGIA DI ELIMINAZIONE del vaso malato e, non a caso, il risultato in termini di RIPRESA DI MALATTIA VENOSA rimane UGUALE.
Tutte queste tecniche possono infatti essere più o meno invasive, con o senza anestesia, ma pur sempre basate sulla DISTRUZIONE del vaso malato. Al contrario, come descritto nella pagina dedicata alla vena safena (link), è possibile andare a RIPARARE la circolazione venosa agendo con precisione e mini-invasività nei punti in cui le valvole presenti all’interno della vena non riescono più a garantire la giusta direzione di flusso.
A seguito di una dettagliata indagine ecografica (link), si va a studiare il tipo di flusso patologico presente e la sede migliore dove reindirizzare il sangue affinchè questo possa ritornare verso cuore e polmoni invece di drenare verso la superficie e la parte più distale della gamba.
Tale approccio strategico ha dimostrato di DIMEZZARE IL RISCHIO DI RIPRESA DELLA MALATTIA rispetto all’approccio di asportazione del vaso malato (CHIVA method for the treatment of varicose veins. Cochrane Data- base of Systematic Reviews 2012, Issue 2. Art. No.: CD009648. DOI: 10.1002/14651858.CD00964). Per la spiegazione dettagliata si veda il relativo link.
A seconda di quali siano le valvole malfunzionanti sarà possibile applicare DIVERSE TECNICHE, sempre MINI-INVASIVE, in anestesia locale o addirittura senza anestesia, finalizzate a chiudere i “punti di perdita” del sistema venoso, diminuendo così il sovraccarico all’interno del vaso precedentemente dilatato, riportandolo ad un calibro normale, eliminando dunque il reflusso venoso, SENZA ASPORTARE ALCUNA VENA (CHIVA: instructions for users. Phlebology Journal 2014).
In caso vi sia un’insufficienza di valvole maggiori, sarà possibile eseguire un intervento di chirurgia mini-invasiva, in anestesia locale, senza necessità di punti esterni di sutura grazie alla precisione della procedura guidata dall’indagine ecografica (Mini-invasive high-tie by clip apposition versus crossectomy by ligature: Long-term outcomes and review of the available therapeutic options. Phlebology. 2017 May;32(4):249-255; Femoral vein valve incompetence as a risk factor for junctional recurrence. Phlebology. 2018;33(3):206-212; ).
Ove invece le valvole incompetenti siano localizzate nel sistema superficiale sarà possibile utilizzare le più moderne tecnologie endovascolari (Laser, Radiofrequenza, Colla, MOCA, trattamento endovascolare ecoguidato con foam, Micro-onde). In luogo di utilizzare tali tecniche per asportare tutto il vaso, esse vanno utilizzate per trattare punti specifici identificati con precisione lungo la circolazione venosa (Segmental Saphenous Ablation for Chronic Venous Disease Management. J Vasc Surg VL 2019;7(2):307-308).
È stato dimostrato come la strategia basata sulla riparazione in luogo della demolizione porti a risultati migliori, purchè eseguita da Specialisti dotati di notevole capacità specifica, tanto ecografica quanto pratica. Le stesse linee guida indicano dunque l’esecuzione di un approccio riparativo invece che demolitivo, ma solo nei centri dotati di sufficiente esperienza (The care of patients with varicose veins and associated chronic venous diseases: Clinical practice guidelines of the Society for Vascular Surgery and the American Venous Forum. J. Vasc Surg 2011;53(5 Suppl):2S-48S).